Il 14 febbraio 2019 alle 18:00 si è tenuta, nella Stazione Marittima di Trieste, la conferenza «Vie della seta e del ferro. Scenari per Trieste e l’Europa». Ha introdotto la tavola rotonda Luciano Larivera, direttore del Centro Culturale Veritas, dopo le parole di benvenuto di Paolo Deganutti, titolare della Libreria Luigi Einaudi.
Il relatore principale era Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes. «“Le Vie della Seta” non è semplicemente un progetto economico commerciale, ma un vero e proprio marchio della Cina nel mondo» così Caracciolo ha iniziato il suo intervento. Ha poi subito precisato che questo piano è motivato dalla necessità di Pechino di trovare nuovi mercati, fondamentali anche per legittimare il suo potere.
Partendo dallo Xinjiang, la Via della Seta terrestre, oltre che verso la Russia, si dirama in Pakistan e all’Oceano Indiano fino ad arrivare nel cuore dell’Europa lungo le vie marittime, consolidando la presenza della Cina nel mondo occidentale. Tutto ciò implica la partecipazione della manodopera cinese nella costruzione di porti, aeroporti, ponti, strade e ferrovie.In parallelo Pechino, per difendere il suo progetto, realizza basi militari in giro per il mondo, come è successo nel Gibuti. Questo minaccia l’egemonia strategica di Washington.
Lucio Caracciolo ha affrontato così il tema della “guerra fredda” in corso tra Cina e Stati Uniti. Gli americani accusano la controparte di aver rubato tecnologie, approfittando del periodo di “distrazione” statunitense durante la guerra al terrorismo.Questo fatto ha alimentato grandi tensioni tra le due potenze, generando effetti nei rapporti economici e politici con gli altri Paesi.
«Vorrei inquadrare la posizione di Trieste nello scontro tra Usa e Cina che riguarda, anche se non direttamente, questa città e quindi il nostro Paese» ha continuato Caracciolo, dato che l’Italia è la prima nazione nel G7 ad essersi candidata per firmare il memorandum of understanding per essere partner della Belt and Road Initiative.
Trieste sta lavorando molto per realizzare questo progetto, ma il Governo italiano non ha ancora preso una posizione ufficiale sulle Vie della Seta marittime. E come afferma Caracciolo, sarebbe un peccato se per volontà degli Stati Uniti dovesse saltare l’accordo.
Il direttore di Limes ha poi concluso l’intervento rimarcando la preoccupazione di Washington nei confronti di Pechino che è entrata sul mercato italiano delle tecnologie del 5G. La Cina si è messa così in forte concorrenza all’industria americana, oltre a rappresentare una minaccia per la sicurezza informatica di un membro della Nato per i rischi di spionaggio cinese.
(a cura di Nicola Silvestri e Emilie Chini)
Il secondo relatore alla conferenza «Vie della seta e del ferro» è stato Laris Gaiser, docente di geopolitica all’Accademia diplomatica di Vienna e collaboratore di Limes. La sua idea centrale è che l’interesse di Pechino è di entrare in Europa su un piano più economico che geopolitico.
La Cina sta puntando soprattutto ai Balcani Occidentali. Ma i suoi investimenti potrebbero avere scarso impatto commerciale, tuttavia permettono a Pechino di stringere rapporti assai amichevoli con Serbia, Croazia e Slovenia. Ciò è possibile grazie allo strapotere finanziario della Repubblica popolare cinese.
«La Serbia è il più importante partner della Cina in Europa» ha affermato Gaiser citando una dichiarazione del Ministro serbo delle Costruzioni, Zorana Mihaljović. Tuttavia la Serbia deve riuscire a trovare un equilibrio tra il legame con Pechino, Bruxelles e Mosca.
La Cina è intenta a costruire corridoi ferroviari e autostradali nei Balcani, dal porto del Pireo verso l’Europa Centrale. Questi importanti finanziamenti che Pechino sta elargendo sostengono l’ingresso dei rimanenti Stati Balcanici nell’Unione europea. In tal modo «le infrastrutture “cinesi” entreranno nel cuore dell’ Europa», come ha sostenuto Laris Gaiser. All’opposto, la Federazione Russa oppone molta resistenza all’entrata di tutti quei Paesi nell’Ue perché ciò comporta spesso anche l’ingresso nell’Alleanza Atlantica.
Anche Washington vede con sospetto la presenza cinese nei Balcani e nel Pireo perché Pechino avrebbe accesso a molte informazioni geopolitiche sensibili, e non soltanto quelle sui passaggi commerciali nel Mediterraneo
(a cura di Giulia Canton e Helena Aniaku)
Visto il tema più tecnico della terza relazione di Giovanni Longo, docente di Ingegneria dei trasporti all’Università di Trieste, non se ne riposta una sintesi. Di seguito si riporta una breve cronaca di quanto condiviso da Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale
“Gli interventi che sono stati fatti in precedenza, sia quelli geopolitici che quelli un po’ più tecnico-trasportistici, sono utili a definire un po’ di cose”, ha precisato il presidente dell’Autorità Portuale. Ha poi rimarcato che c’è stato, nel Porto del Pireo, un inutile investimento cinese dal punto di vista dei trasporti ferroviari. Ma tutti gli Stati del mondo vogliono commerciare con l’Unione europea, D’Agostino ha ribadito, perché ha il Pil il più grande del pianeta.
Il presidente ha dichiarato: «Il messaggio è questo, un messaggio che ci arriva da quello che hanno deciso trecento anni fa», facendo riferimento all’anniversario del Porto Franco, «un messaggio che arriva da una serie di grandi imprenditori, grandi industriali, grandi commercianti. Bisogna prendere questa pluralità di interessi che si possono giocare su Trieste e invece di farla diventare un elemento di vincolo, trasformarla in un elemento da sfruttare, perché tutti possano trovare vantaggi nell’investire a Trieste». Questo perché i recenti investimenti del porto hanno permesso di ridurre i costi della manovra ferroviaria nello scalo e allo stesso tempo hanno incrementato i livelli occupazionali e diminuito il lavoro precario. Ciò ha agevolato lo sviluppo dei traffici.
Nel concludere il suo discorso ha affermato che seppure bisogna lavorare per il futuro della città, è adesso indispensabile una politica netta e precisa a livello nazionale.
(a cura di Matilde Predonzani e Angela Tominich)
Verso il termine della conferenza, ha preso parola Gao Xu, docente al Liceo ISIS Carducci-Dante, l’unico interlocutore cinese alla tavola rotonda. Il professor Gao risiede a Trieste da oltre dieci anni, si è laureto all’UniTs, sposato con una sua concittadina e ha con due figli. Durante la sua vita ha osservato e confrontato i molteplici e profondi cambiamenti tra l’Europa e l’Asia.
La crescita economica della Cina è stata esplosa, tuttavia l’inquinamento atmosferico causato dalle fabbriche ha sommerso Pechino negli ultimi cinque anni. La Cina è stata una nazione chiusa fino al 1912 e sotto una dittatura imperiale con un potere accentrato. Ma oggi i fatti stanno cambiando. La Cina ha fame di rivincita ed è pronta a riscattarsi, afferma il professore. E ogni cinque anni si impone di raggiungere traguardi maggiori. E finora li ha conseguiti.
Gao ha poi affrontano l’argomento portante della serata cioè il porto di Trieste. Gli italiani non hanno ancora inteso l’importanza che esso offre per i prossimi decenni. Egli invita a cogliere l’opportunità che la Cina sta offrendo all’Italia. Inoltre il professore ha menzionato Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, che in Cina nel 2017 ad una conferenza affermò che questo è un secolo di complessità a livello industriale e culturale. Ma purtroppo gli italiani non sono pronti ad affrontare tutto questo. La Cina in questo momento storico può aiutare il nostro Paese ad affrontare questa sfida.
Alla fine del suo accorato intervento, Gao ha auspicato un futuro prospero ai suoi figli e ai suoi studenti che cercano un avvenire migliore e «non importa se sarà qui o in Cina».
(a cura Antonella Dragan e Martina Gubellini)
Dopo questo intervento sono seguiti quello di un rappresentate sindacale dei lavoratori portuale e quello di Stefano Visintin, presidente del’Associazione degli Spedizionieri del porto di Trieste. Entrambi hanno espresso apprezzamento per il lavoro dell’Autorità portuale e le potenzialità di una seria collaborazione con Pechino