Durante il progetto di “alternanza scuola lavoro”, il 19 marzo 2019 abbiamo assistito alla conferenza tenuta, dalle 18.30 alle 20.10, dal dottor Raniero  Fontana. L’intervento ha avuto luogo nel Centro Culturale Veritas che si è proposto di organizzare l’iniziativa. La nostra relazione include una breve biografia, un rapido resoconto della conferenza, un’intervista a Raniero Fontana e l’elenco delle sue pubblicazioni.

Biografia

Raniero Fontana si è laureato in Teologia cattolica e in Filosofia. Dopo aver conseguito un Master in Letteratura rabbinica presso l’Università Ebraica di Gerusalemme – città in cui ha trascorso 29 anni della sua vita – ha proseguito gli studi talmudici all’Istituto Shalom Hartman diventandone poi ricercatore. Ha insegnato Talmud presso l’Istituto Cristiano di Studi Giudaici e di Letteratura Ebraica a Gerusalemme. Adesso vive a Trieste dove collabora con il Centro Culturale Veritas e l’università di Padova.

Resoconto

Durante la conferenza si sono trattati diversi aspetti legati all’ebraismo inteso non soltanto come una religione, ma anche come appartenenza a un popolo. Il dottor Fontana ha introdotto il discorso evidenziando come questo argomento possa apparire complesso nell’immaginario collettivo occidentale rispetto ad Israele dove è percepito come pane quotidiano.

Uno dei punti su cui si è maggiormente focalizzato è l’identità ebraica: mentre nelle generazioni precedenti essere ebreo significava essere praticante, nel contesto moderno c’è una distinzione tra l’appartenenza all’etnia ebraica e l’osservanza religiosa. Si crea così una tensione tra religiosi e laici. «Per T. Herzl, la religione non è che una cornice; senza i contenuti della modernità è un guscio vuoto» afferma il relatore. Herzl è considerato il padre storico del moderno Stato di Israele.

Il concetto di solidarietà di destino, che nasce nel momento dell’esodo, quando tutto il popolo ebraico fuggì dalla schiavitù in Egitto, crea un legame tra gli ebrei religiosi e non. È del 1992 la formula che definisce Israele uno «Stato ebraico e democratico»: grazie all’ambiguità di questa formula, con la sua doppia accezione, è stata possibile la coesistenza di concezioni tanto contrastanti all’interno di Israele.

Tutt’oggi Israele non ha una Costituzione dal momento che ciò presupporrebbe una configurazione stabile dello Stato. Si è optato per lo status quo, con un insieme di leggi basilari che sono le pietre miliari verso la sua redazione. Una di queste è la protezione del principio della “dignità umana”, valore indispensabile alla vita di Israele.

Intervista:

Che cosa l’ha spinta a intraprendere i suoi studi di teologia e di letteratura rabbinica?

«L’inizio è stato molto laico, nonostante la teologia. Da giovane mi affascinava l’autore francese Maurice Blanchot che trattava di tematiche come l’esilio e la scoperta dell’ebraicità attraverso la pratica della scrittura. Queste sono le suggestioni che mi hanno avvicinato all’ebraismo soprattutto dal punto di vista filosofico, in quanto per me la filosofia è stata più decisiva della teologia».

Da dove nasce l’idea di una collaborazione lavorativa con sua moglie?

«Da sposati si condivideva tanto, perché non condividere anche questo? Mia moglie viene dalla storia dell’arte, dunque aveva molto materiale iconografico su Noè. Io mi stavo dedicando agli studi sul noachismo, cioè sulle leggi morali universali dell’umanità. Abbiamo condotto uno studio comparato il cui risultato è stato il libro stesso [Noè secondo i rabbini ], che è un testo di divulgazione pensato per un pubblico largo soprattutto cristiano, per familiarizzarlo con la figura di Noè, letta attraverso la letteratura rabbinica e non soltanto con il testo biblico».

Considerando “Guerra della Torah” in che modo il conflitto delle interpretazioni può essere paragonato alla democrazia?

«C’è un problema di compatibilità tra democrazia ed ebraismo. Bisogna vedere dalla prospettiva religiosa in che misura le due cose possono andare insieme, si tratta di trovare un linguaggio comune tra religiosi e non religiosi. Ci sono veri e propri processi democratici che passano attraverso dibattiti e discussioni, in cui è importante la dialettica e l’argomentazione».

Avendo trascorso molto tempo a Gerusalemme, come ha vissuto la convivenza conflittuale tra israeliani e palestinesi?

«Diciamo che la questione non era al centro delle mie riflessioni anche perché non sono un politico né di formazione né di vocazione. Non nego la gravità del problema però la mia prospettiva era diversa in quanto straniero. Ero più attento alla vita interna in Israele e alla qualità democratica del Paese; quindi da non ebreo aspiravo a partecipare alla discussione comune come partner a parte intera. Non di rado il conflitto con i palestinesi viene considerato un problema “contingente”, quello che interessava a me era l’identità stessa dell’ebraismo. Il problema esiste e ci vogliono gli strumenti e anche un po’ più di coraggio. La questione è come parlarne fuori da Israele, infatti in Israele il dibattito è molto diretto, a volte anche brutale».

Proprio in quanto facente parte di una minoranza, Lei non ha avvertito la necessità di prendere posizione?

«Di fatto ho scelto di vivere in un contesto ebraico, il che è pur sempre una scelta di parte. Gli ebrei e gli arabo-israeliani sono due mondi che pur toccandosi sono in realtà separati. È un contesto geopolitico molto complesso, e può accadere di non dire tante cose per paura di “tradire” il proprio gruppo. Si può vivere anche quarant’anni da una parte senza accorgersi della sofferenza che c’è dall’altra».

È appropriato fare una distinzione tra giudaismo e sionismo? Pensa che gli ebrei stessi subiscano le conseguenze dei crimini sionistici oppure crede che le due cose siano imprescindibili?

«Il sionismo è una parte dell’ebraismo, ci sono delle lotte ideologiche, come esistono ebrei antisionisti o post-sionisti. Secolare è l’aspirazione al ritorno alla terra dei padri, a Sion. Il sionismo è un’espressione dell’ebraismo che di suo è una realtà plurale».

Bibliografia

– E Dio non disse. Ermeneutica della Torah e anti-ermeneutica della natura (2018)

– Gesù ebreo. Alle radici del ripensamento cristiano (2017)

– Philosophari e altri scritti di materia ebraica (2016)

– André Neher, philosophe de l’Alliance (2015)

– Diario noachide. Un non-ebreo ai piedi del Sinai (2015)

– André Neher, le penseur et le passeur (2014)

– Sulle labbra e nel cuore. Il buon uso della parola nel Talmud e nell’ebraismo (2014)

– Informe mi hanno visto i tuoi occhi. Piccola miscellanea noachide (2012)

– Avodah zarah. Un’introduzione al discorso rabbinico sull’idolatria (2011)

– Gerusalemme e dintorni (2009)

– Figli e figlie di Noè. Ebraismo e universalismo (2009)

– Guerra della Torah (2008)

– Noè secondo i rabbini. Testi e immagini della tradizione ebraica (con Andreina Contessa, 2007)

– Sinaitica. Ebrei e gentili tra teologia e storia (2006)

– Aimé Pallière. Un “cristiano” a servizio di Israele (2001)

– Sinai e Sion (1997)